Ragade anale: cos’è e come si cura

Ragade anale: cos’è e come si cura

Una problematica che molti ignorano fintanto che non ne sono coinvolti direttamente è senza dubbio la ragade anale. Di cosa si tratta? La ragade anale è una lacerazione del tessuto cutaneo e mucoso a cavallo del margine anale e può diventare cronica se non trattata tempestivamente. La ragade anale può colpire tutte le età, ma è frequente nelle persone giovani e di mezza età, più raramente negli anziani.

Ragade anale acuta e cronica

La ragade è considerata acuta se si è manifestata da meno di 6 settimane come un solco doloroso, superficiale e ben demarcato. E’ invece considerata cronica se è presente da più di 6 settimane, con base fibrotico-cicatriziale che lascia intravedere le fibre del muscolo sfintere interno, circondata da tessuto infiammatorio e margini callosi.  Nei casi cronici di vecchia data vi è spesso un restringimento dell’ano con conseguente difficoltà meccanica alla evacuazione. In casi rari è possibile anche lo sviluppo di un ascesso e di una fistola perianale.

Cause di ragade anale

La causa più evidente di ragade anale va ricercata in un trauma dovuto al passaggio ripetuto di feci molto dure. E’ per questo che nei casi acuti è fondamentale modificare le abitudini alimentari e lo stile di vita, prediligendo cibi ricchi di fibre, bevendo molta acqua e svolgendo esercizio fisico regolare, così da favorire la formazione di feci morbide.

Questa però non è l’unica causa possibile, o meglio, è un fattore favorente.

Alla base della ragade anale, infatti, vi è un ipertono dello sfintere anale interno, che nei pazienti con ragadi ha una pressione a riposo più elevata del normale. E’ fondamentale l’influenza che lo stato psicologico del paziente può avere sul manifestarsi di una ragade anale: si tratta quasi sempre di persone rigide e molto precise,   abituate a tenere sempre sotto controllo ciò che gli accade, che stanno attraversano un periodo di tensione e ansia nel timore che progetti e situazioni chele riguardano non vadano a buon fine. Spesso chi ne soffre sta affrontando periodi di cambiamento in ambito lavorativo e/o familiare oppure un lutto fonte di forte stress.

Questo si traduce in un aumento involontario del tono sfinterico anale. D’altra parte, la ragade si presenta inizialmente come un piccolo taglietto superficiale, che, se presente in altre parti del corpo, guarirebbe rapidamente nel giro di pochi giorni. Dobbiamo però considerare che il 90% delle ragadi si presenta nella parte posteriore dell’ano e il 10% in quella anteriore nel sesso femminile; queste percentuali diventano 99% e 1%, rispettivamente, in quello maschile.  Studi agiografici hanno però dimostrato negli ultimi anni che queste aree della zona anale sono le meno irrorate dai vasi sanguigni: un minimo danno viene quindi riparato con difficoltà, perché lo scarso apporto sanguigno ostacola la cicatrizzazione e favorisce invece la cronicizzazione

Sintomi e diagnosi di ragade anale

sintomi espressi dal paziente in sede di anamnesi sono il punto di partenza per fare diagnosi di ragade anale. Un dolore intenso, urente, descritto come il passaggio di una “lama di rasoio” o di un “vetro rotto”, che insorge durante o subito dopo l’evacuazione, di durata variabile da qualche minuto a diverse ore dopo la defecazione è il segnale che possa trattarsi di ragade anale. E’ possibile anche un saltuario sanguinamento durante o dopo la defecazione.

Una diagnosi precoce è importante per evitare la cronicizzazione, che avviene in tempi piuttosto rapidi, e accrescere le probabilità di successo della terapia medica, senza dover ricorrere al bisturi. La diagnosi è comunque semplice grazie all’accessibilità dall’esterno del retto senza strumenti sofisticati.  In fase acuta, in genere, è sufficiente divaricare l’ano perché la ragade sia già visibile. Occorre poi eseguire con molta cautela una delicata esplorazione rettale digitale e completare l’osservazione con l’ausilio di un anoscopio.

Terapie per la ragade anale

Le moderne linee guida prevedono di provare sempre in prima battuta la terapia farmacologica con i nitrati o i calcio antagonisti almeno per 6 settimane. In assenza di evidenti miglioramenti, resta valida soltanto l’opzione chirurgica. In caso di particolari complicanze (sepsi, fistole, stenosi dell’ano), la chirurgia diventa subito la prima scelta terapeutica. Oggi, i nuovi farmaci, capaci di allentare grandemente la tensione del muscolo, hanno ridotto di circa il 60% la necessità di intervento.

Sfinterotomia interna

L’intervento più utilizzato per risolvere una ragade anale è ancora oggi la sfinterotomia interna. L’obiettivo è eliminare lo spasmo muscolare praticando con un bisturi una piccolissima incisione nelle fibre dello sfintere interno. Ne esistono due varianti: posteriore mediana e laterale.

Quest’ultima risulta essere la preferita per il minor rischio di complicanze sia che venga eseguita con tecnica aperta o con tecnica chiusa, anche se la posteriore può presentare dei vantaggi in casi selezionati. Senza entrare in questa sede in eccessivi dettagli, da affrontare con il chirurgo in fase di decisione, possiamo affermare che l’intervento è comunque molto efficace portando alla risoluzione del dolore con tassi di guarigione intorno al 95%. La sfinterotomia interna è controindicata nei pazienti con disturbi della coagulazione o che assumono anticoagulanti, così come nei soggetti che hanno già sofferto di fenomeni di incontinenza, a seguito di precedenti interventi per risolvere una fistola anale o la malattia emorroidaria

Anoplastica

Meno diffusa è l’anoplastica, eseguita prelevando nella zona perianale lembi cutanei sani e vascolarizzati, modellati in diverso modo a seconda dei casi e poi posizionati in modo da coprire la breccia della ragade, un po’ come fossero delle “toppe”. Solitamente è riservata alla minoranza di casi in cui alla presenza di ragade anale non si accompagna un ipertono dello sfintere e nei casi in cui le ragadi sono molto grosse e/o complicate da una stenosi.

In questo caso l’anoplastica è la prima scelta, così come nelle recidive. Se una ragade già operata con sfinterotomia si riforma, la seconda volta si ricorre all’anoplastica. Può essere la soluzione anche per chi psicologicamente non si senta pronto ad una sfinterotomia associandola al rischio di complicanze a livello di continenza. Va considerato che si tratta di un intervento abbastanza complesso, che richiede mani esperte e grande precisione e accuratezza. Un chirurgo generale può eseguire una sfinterotomia, ma un’anoplastica va eseguita da un chirurgo con competenze specialistiche colorettali.

Dilatazione con palloncino

Un intervento innovativo ancora in fase di studio ma promettente, che sembra ridurre l’incontinenza post operatoria, è la dilatazione con palloncino. Consiste nel posizionamento sull’ano, a cavallo della zona di alta pressione dello sfintere, di un palloncino che viene gonfiato in modo graduale e controllato, provocando una distensione delle fibre muscolari e quindi una riduzione della pressione anale a riposo. Il grosso vantaggio di questa tecnica è il tempo operatorio brevissimo, 7 minuti circa, con percentuali di successo, seppure leggermente inferiori a quelle della sfinterotomia, comunque molto buone. Inoltre, i controlli ecografici hanno dimostrato che questa tecnica non provoca lesioni dello sfintere, come invece accadeva con la vecchia dilatazione manuale.